Ritorna il IV Convivium "Madonna te li Pampasciuni"
Dal 4 al 6 marzo ad Alezio l'appuntamento conviviale in onore del re della cucina povera salentina
Checché se ne dica sul suo nome e sul valore che può assumere, c’è chi del “pampascione” preferisce tessere le lodi per le sue sfumature violacee piuttosto che per quelle di significato. Perché, se nel dialetto salentino il termine può indicare in senso dispregiativo un imbecille, un buono a nulla, sulla bontà e la genuinità del pampascione a tavola non ci sono dubbi. Cipolletta dal colore violaceo e dal sapore amarognolo che cresce nel bacino mediterraneo, il pampascione è un prodotto tipico del Sud Italia, dove, assieme ad altre piante spontanee, è uno dei re indiscussi della cucina povera salentina.
Prodotto in via d’estinzione, nasconde un messaggio ben preciso: “Il futuro è nelle radici”. Ed è proprio questo il claim dalla Confraternita del Pampascione Salentino, l’associazione con sede ad Alezio nata nel 2011 per preservare il “culto” del bulbo salentino.
Nota a Egizi, Greci e Romani, la muscari comosum, detta comunemente pianta di pampascioni (o lampascioni), possiede una moltitudine di proprietà benefiche per la salute. Qualche dubbio? Le sue virtù furono esaltate dal celeberrimo medico greco Galeno, dal poeta latino Marziale e da numerosi altri studiosi dell’antichità, che attribuirono a questa pianta anche proprietà afrodisiache. Il pampascione contiene flavonoidi, potassio, calcio, fosforo, ferro, rame, manganese e magnesio, vitamine e sali minerali, e una quantità consistente di acqua e fibre. Amico della “linea” per il suo basso apporto calorico, possiede proprietà diuretiche, lassative, antinfiammatorie, antimicrobiche ed emollienti, contribuisce a diminuire la pressione sanguigna e la percentuale di grassi nel sangue, aumenta l’appetito e stimola la digestione.
Sarà per le sue bontà salutistiche, o per le sfumature semantiche (vedi sopra) che gli cuciono addosso un velo di simpatia agli occhi dei salentini, ma il muscari comosum affascina sempre di più. E non solo, ha anche una festa in suo onore. Storia, tradizione, fede e gusto si intrecciano saldamente in quello che è il paese per eccellenza dei pampasciuni, Acaya, dove un tempo – e tuttora viene mantenuto il primato a livello mondiale - erano molto diffusi la raccolta e l’utilizzo dell’alimento nella cucina familiare. Tanti i ricordi riemersi attraverso i racconti della gente, raccolti e documentati dal prof. Antonio Fasiello, esperto di tradizioni popolari e cultore della storia del borgo di Acaya. Qui, ogni primo venerdì di marzo, la celebrazione religiosa in onore della Madonna Addolorata, detta anche “Madonna te li pampasciuni” si unisce a quella tipicamente pagana, caratterizzata da una sagra in cui i pampascioni vengono preparati in svariati modi per offrirli in assaggio ai fedeli e visitatori.
Per una merce preziosa da riportare alla luce e tutta da gustare, un ritorno alle radici della propria storia. E’ questo lo spirito del viaggio che la Confraternita del Pampascione, baluardo di questa centenaria tradizione, si appresta a rivivere anche quest’anno in occasione del VI Convivium “Madonna te li Pampascioni”, in programma ad Alezio dal 4 al 6 marzo 2016.
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La confraternita – nata dall’entusiasmo di un gruppo di amici intenzionati a valorizzare un prodotto tipico locale in via di estinzione – ha rafforzato la sua presenza sul territorio e raggiunto grandi traguardi. A parlare non è solo l’amore per la buona tavola e i sapori tradizionali, ma anche per la genuinità della condivisione e di valori universali quali l’amicizia e il senso di responsabilità verso gli altri. Obiettivi, quelli del coniugare le finalità folkloristiche con la promozione del territorio e il recupero delle tradizioni enogastronomiche e culturali, sugellati dal riconoscimento ufficiale da parte della Fice, federzione italiana circoli enogastronomici. “Da parte di molti ipercritici si guarda a noi con scherno come ad un gruppo animato unicamente da spirito godereccio e folkloristico! Ebbene noi non ripudiamo questi aspetti – ha ricordato il priore Vinicio Malorgio in occasione del primo “Convivium”- siamo fermamente convinti che stare tutti quanti insieme di fronte ad un buon piatto di pampasciuni, anche per i noti effetti collaterali, non sia per niente disdicevole. Dirò di più, tocca a noi, tocca alla nostra confraternita saper coniugare sapientemente le finalità goderecce, mangerecce, turistiche ed enogastronomiche nonché della promozione del territorio con il recupero delle nostre migliori tradizioni culturali e di quei valori che dovranno costituire il patrimonio non solo nostro ma di tutte le generazioni che verranno”.